Teatro del Canovaccio
Via Gulli 12 - Catania
Tel: 391 48 88 921
CORDIALEMENTE INVITATI A INCONTRARE LA MORTE
dal 15 al 18 novembre
Amante della buona cucina, appassionato di orchidee nere, narciso, maledettamente pigro, edonista per dedizione, obeso per passione, imponente nella sua mole, di un’imponenza sorniona e superiore di chi ha un altro concetto del tempo, dello spazio e dei valori, con la sua elastica spalla atletica, quell’Archie Goodwin, che più che di una spalla si può benissimo definire il braccio a cui Nero Wolfe lascia ben volentieri tutte le azioni e tutti i movimenti da vero detective; l’uomo che gira e rigira i fatti e i testimoni e che poi conduce tutti i soggetti coinvolti, presso lo studio del “ capo “ per l’immancabile interrogatorio finale che poi svelerà ogni mistero circa il nome dell’assassino.
Ci accingiamo a compiere un‘irruzione in un campo, quello del teatro tratto da un romanzo giallo, quello di Rex Stout in questo caso, dal titolo “ Cordialmente invitati ad incontrare la morte “ che nella sua originalità narrativa, ben si è prestato ad una fedele riduzione teatrale, mantenendo quasi integralmente sia i personaggi che i dialoghi della sua edizione letteraria. Un genere questo del “ giallo “ letterario ridotto per il teatro, che pur nella sua originalità, ha avuto negli ultimi anni molti epigoni, anche se la costruzione tecnica della nostra proposta cerca, come sempre, di attingere alla lezione del teatro contemporaneo, laddove i ritmi e le scene d’insieme si susseguono ai momenti di pura dissertazione dei dialoghi e degli interrogatori che porteranno, inevitabilmente, alla scoperta dell’assassino.
In breve la trama:
Una matura signora di nome Bess Huddleston, organizzatrice di ricevimenti per ricchi, viene ferita da una scheggia di vetro e muore di lì a poco di tetano. Disgrazia o delitto? Sarà compito di Nero Wolfe col suo fedele Archie Goodwin, tra una mangiata e l’altra e tra un intervallo e l’altro dedicato alle amatissime orchidee nere, di scoprire, tra le maglie dell’intricatissima trama, il movente e l’autore dell’efferato delitto. Al pubblico non rimarrà che assistere con attenzione all’evolversi degli eventi attraversati dalla personalità originale e da vero dandy del grande Wolfe che, come al solito, risolverà alla fine ogni enigma.
Gianni Scuto
MIRANDOLINA
dal 13 al 16 dicembre
Il pentimento di una rivoluzionaria Archetipo di donna forte, dominatrice, sicura, volitiva. Autenticamente donna di oggi. Mirandolina si presenta cosi, quasi una femminista ante tempo: “A maritarmi non ci penso nemmeno; non ho bisogno di nessuno; vivo onestamente, e godo la mia libertà. Tratto con tutti, ma non m'innamoro mai di nessuno. Voglio burlarmi di tante caricature di amanti spasimati; e voglio usar tutta l'arte per vincere, abbattere e conquassare quei cuori barbari e duri che son nemici di noi, che siamo la miglior cosa che abbia prodotto al mondo la bella madre natura.” Un vero proprio manifesto rivoluzionario. Eppure la stessa donna che dice queste parole all’inizio della commedia finirà non solo per sposarsi, ma anche per rinnegare del tutto il proprio stile di vita: “Sinora mi sono divertita, e ho fatto male, e mi sono arrischiata troppo, e non lo voglio fare mai più. Questi è mio marito... Cambiando stato, voglio cambiar costume.” Un cambiamento a 360°. Il proposito iniziale è stato completamente sovvertito. Mirandolina non vuole più divertirsi, non vuole più rischiare. Cambia costume a tal punto da rinnegare quel programma politico e femminista annunciato al primo atto. Una vera e propria debacle. Un passo indietro che dichiara un fallimento su tutti i fronti. Che cosa è successo? O meglio, quale accadimento, quale fatto così sconvolgente e inquietante subisce Mirandolina da farle rinnegare completamente i suoi propositi iniziali? Tra l’inizio e la fine di questa storia si inserisce il personaggio del Cavaliere con cui Mirandolina intrattiene un rapporto misterioso, forse inquietante, sicuramente fondante la Mirandolina del finale. Non sappiamo, nonostante le innumerevoli scene dedicate, che cosa succede veramente tra i due. Le verità di quel rapporto rimangono imperscrutabili. Ma sappiamo che da lì in poi Mirandolina cambia stato e costume… La storia che Carlo Goldoni ci riferisce nella sua Locandiera, per la prima volta in scena nel lontano 1753, ci viene raccontata nell’inconfondibile stile leggero, ironico e sagace di cui Messer Carlo era l’ideatore. Mirandolina in un ottica illuminista (e maschilista) appassiona, stupisce, incanta, seduce… Faceva ridere, e anche molto, il pubblico contemporaneo, perché in quel tempo i nuovi valori di libertà e razionalità, la fiducia incondizionata nel progresso economico e commerciale, l’esaltazione di una nuova umanità liberata dalle incrostazioni del potere e fondata sul rispetto dei diritti naturali, riguardava soltanto il genere maschile. Le donne dovranno aspettare ancora qualche tempo prima di poter affermarsi a pieno titolo come soggetti capaci di rivendicare diritti. E quando Goldoni in questa storia ci tratteggia una donna che tenta la scalata libertaria e ribelle, lo fa (e non potrebbe essere altrimenti) con lo sguardo del maschio del tempo, e ne ride. Tanto è vero che fa poi pentire la sua protagonista. La annienta, la schiaccia, la umilia. Quel matrimonio è il peggior finale per la rivoluzionaria Mirandolina, ma il più saggio per lo spettatore maschio del ‘700. Il nuovo pensiero appartiene solo agli uomini, le donne rimangono al servizio. Per il genere femminile non c’è nessuna possibilità di accesso al nuovo mondo culturale, filosofico, economico. E oggi? Come è possibile leggere questa storia oggi? In un contesto completamente diverso (direi forse opposto) a quello in cui questa storia è stata pensata, scritta e messa in scena. Si sa che il grado di immortalità di uno scritto risiede nella capacità di questo di essere permeabile a qualsiasi epoca storica, di riuscire a parlare alle pance in tutti i tempi, e leggere questa commedia con spirito illuministico sarebbe in questi decenni di crisi, un’ingenuità imperdonabile. Questo il nostro punto di partenza. Lo spettacolo che presenteremo, partendo da una riscrittura per una sola attrice del capolavoro Goldoniano, intende ragionare sull’universo femminile che ieri come oggi e come sempre, contribuisce in misura determinante alla definizione culturale del nostro vivere. In scena dominerà Carmela Buffa Calleo, attrice di rara sensibilità, la migliore possibile per un ruolo di così tale portata umana e teatrale.
Nicola Alberto Orofino
Ennesimo omaggio al versatile catanese Nino Martoglio, il più grande commediografo della lingua siciliana e poi giornalista, poeta, umorista, teatrante e perfino regista cinematografico. Di lui Pirandello scrisse: “Non fu poeta lirico soltanto; fu anche, come si sa, commediografo acclamato, in lingua e in dialetto. Quello che non si sa, fu quanto gli costò, di amarezze, di cure, di fatiche, di spese, il teatro siciliano, che vive massimamente per lui e di lui, e di cui egli fu il vero ed unico fondatore”.
In effetti le opere di Martoglio, grazie alla sua scrittura realistica, all'utilizzo sapiente e perfetto della lingua siciliana viva e parlata e al talento degli interpreti che lavoravano nella sua compagnia, raggiunsero ben presto una straordinaria notorietà. Rivivremo, in una chiave assolutamente moderna e insolita L'aria del continente (1910), la rappresentazione satirica del comunissimo snobismo del siciliano verso se stesso, ma senza tradire il testo e l'essenza del poeta catanese.
Eliana Esposito
Satira sociale e politica e la definizione migliore per indicare il contenuto del testo di George Tabori Mein Kampf. Si racconta di un giovane Adolf Hitler che, arrivato a Vienna per sostenere l’esame di ammissione all’Accademia di Belle Arti, sporco e squattrinato, trova rifugio in un ricovero per ebrei. Da qui la satira, feroce e profetica, si spiega da sola…
Abbiamo aggiunto al titolo la denominazione Kabarett. L’esigenza nasce dall’idea di dare alla vicenda di Tabori (che verrà rispettata nella sua integralità) l’atmosfera degli spettacoli di cabaret della Berlino nel periodo a cavallo tra la Repubblica di Weimar e l’avvento del nazismo. Spettacoli teatrali e film ce ne hanno sempre dato un’immagine decadente; un punto di vista contestato dagli stessi tedeschi, perché derivante sia dall’ideologia nazista – dipingere i cabaret come luoghi di perversione faceva comodo a chi voleva eliminare con essi la libertà che veicolavano – sia dai preconcetti della cultura americana.
Il Kabarett, da un punto di vista tematico e stilistico faceva spessissimo uso della satira, soprattutto affrontando argomenti legati alla società e alla politica, non ultimo il nazismo. Inoltre l’antisemitismo dilagante in quegl’anni colpì duramente anche la comunità degli artisti del Kabarett, perché molti di loro erano ebrei. Identificare o meglio ricostruire l’ospizio in Vicolo del Sangue all’interno di una sala teatrale con una forte presenza ebraica, credo possa accrescere da un punto di vista registico, attoriale e visivo quel gioco provocatorio e farsesco proprio dell’opera teatrale di Tabori.
Torna sulle tavole del Canovaccio Improvvisazione a delinquere. Chi li conosce sa già che l’improvvisazione teatrale è una tecnica di teatro dove gli attori non hanno un copione predefinito ma inventano il testo direttamente sulla scena improvvisando “Estemporaneamente”. Questa tecnica che affonda le sue radici fin dai tempi di Aristofane nel teatro popolare, che è portata agli estremi da Plauto e dall’istrione, che diventa fondamentale nella Commedia dell’Arte con le recite a soggetto, riemerge in terra canadese con i famosissimi match di improvvisazione che approdarono alla fine degli anni ‘90 anche nella televisione italiana. Fondamentali alla riuscita dello spettacolo: il lavoro di gruppo, l’ascolto tra compagni, la fantasia, la lucidità, la rapidità nel prendere decisioni, nel percorrere una strada invece di un’altra, la capacità di adattarsi e accettare le proposte degli altri, il coraggio di prendersi delle responsabilità, di fare delle scelte, di correre dei rischi perché gli attori non sanno cosa faranno i loro compagni in scena. Ma è fondamentale anche l’interazione col pubblico e la sua preziosa collaborazione senza la quale l’improvvisazione non sarebbe possibile. Esaltante come guardare salti mortali senza la rete di sicurezza sotto. Esilarante come quando si assiste al capitombolo della modella col tacco. Chi li conosce sa che deve aspettarsi l’inaspettabile!
INFLUENCER dal 9 al 12 maggio
Uno spettacolo teatrale, che pone i suoi attori a dover fare i conti con i loro primi quarant’anni, ma non essendo nessuno di loro Marina Ripa di Meana o Lante Della Rovere, insomma Marina boh, si ritrovano perplessi a ricercare le colpe di una inadeguatezza costante in un mondo di immaturità culturale e socialmente deprecabile.
Chi li ha ridotti così? Chi li ha influenzati?
Di chi è la colpa? Una cavalcata che partendo dagli anni 70, cerca di ritrovare il momento esatto in cui un uomo abbraccia in maniera simbiotica la sindrome di Peter Pan.
La nostra formazione sia culturale che ludica, l’avanzare della tecnologia ci ha portato ad essere quelli che siamo? Chi era influencer quando eravamo bambini?
Si stava meglio quando si stava peggio? Siamo dei bamboccioni? Di chi è la colpa?
A quarant’anni abiti ancora con i genitori?
È colpa nostra se i genitori non se ne vogliono andare di casa?
Quando ad un uomo ci si coagula la mandorla (tipica espressione della mia città che indica la raggiunta età matura)?
Anche il linguaggio è importante.
Le particolarità del nostro lessico hanno "influenzato" il nostro divenire?
Una seduta di psicoanalisi autodidatta dove si faranno tante domande e si cercheranno le soluzioni?
Forse si o forse no.
Il Teatro del Canovaccio presenta la nuova stagione teatrale 2018-19.
Il cartellone, come di consueto, propone lavori variegati: dalle opere classiche “rivisitate e corrette” a quelle più contemporanee, fino all’esilarante teatro d'improvvisazione, navigando attraverso generi e stili, sperimentando e innovando senza limiti.
La stagione si aprirà a novembre (dal 15 al 18) con lo spettacolo “Cordialmente invitati a incontrare la morte”, tratto dall'omonimo romanzo giallo di Rex Stout che, nella sua originalità narrativa, si presta ad una fedele riduzione teatrale, mantenendo quasi integralmente sia i personaggi che i dialoghi della sua edizione letteraria e, al contempo, attingendo alla lezione del teatro contemporaneo, laddove i ritmi e le scene d'insieme si susseguono a momenti di pura dissertazione, di dialoghi e interrogatori che porteranno, inevitabilmente, alla scoperta dell'assassino. Regia di Gianni Scuto.
Dal 13 al 16 dicembre andrà in scena lo spettacolo “Mirandolina”, adattato e diretto da Nicola Alberto Orofino il quale si confronta con l’opera immortale di Goldoni, La Locandiera, rivisitandola però in chiave moderna, in un contesto completamente diverso, addirittura opposto, a quello in cui questa storia è stata pensata, scritta e messa in scena.
Una riflessione sull’universo femminile che, ieri come oggi, contribuisce in misura determinante alla definizione culturale del nostro vivere. In scena Carmela Buffa Calleo.
Il 2019 inizia con “L’aria del continente - 2030” (dall’17 al 20 gennaio), spettacolo ispirato all’omonima commedia di Nino Martoglio, ma rivisitato e – per certi versi – stravolto dall’eclettica e geniale regista catanese Eliana Esposito la quale, ancora una volta, sovverte i tradizionali canoni teatrali per dare vita a una pièce originale, umoristica e fuori da ogni schema convenzionale.
Dal 21 al 24 febbraio sarà la volta di “Mein Kampf Kabarett”, satira feroce e profetica che racconta di un giovane e squattrinato Adolf Hitler alle prese con la convivenza “forzata” con un gruppo di ebrei, in nome della ricerca di una propria identità artistica. Lo spettacolo restituisce l’atmosfera di una Berlino a cavallo tra la Repubblica di Weimar e il nazismo, e soprattutto quella dei cabaret, dipinti dagli stessi tedeschi – determinati a eliminare la libertà che essi erano in grado di veicolare - come luoghi di immane perversione. Un gioco provocatorio e farsesco, in linea con l’opera teatrale di Tabori, e soprattutto un momento di riflessione su un Tempo passato che, mai come oggi, rischia di non identificarsi più soltanto come un triste ricordo. Regia di Nicola Alberto Orofino.
Dal 21 al 24 marzo andrà in scena “Improvvisazione a delinquere”, esilarante spettacolo incentrato su una tecnica di teatro ove gli attori non hanno un copione predefinito ma inventano il testo direttamente sulla scena, appunto improvvisando. Fondamentali per la riuscita dello spettacolo sono il lavoro di gruppo, l’ascolto tra compagni, la fantasia e la lucidità, la rapidità nel prendere decisioni, di adattarsi e accettare le proposte altrui, il coraggio di compiere delle scelte e di correre dei rischi, perché gli attori non sanno cosa faranno i loro compagni in scena. Fondamentale è anche l’interazione col pubblico e la sua preziosa collaborazione senza la quale l’improvvisazione non sarebbe possibile.
Diretto e interpretato dal gruppo “Improvvisazione a delinquere”.